In edilizia si definisce “sfasamento termico” il tempo necessario al picco dell’onda termica estiva (che coincide con le ore del primo pomeriggio) per attraversare un materiale o un componente dell’involucro dall’esterno all’interno (in particolare le strutture “opache” come i muri di facciata e il tetto). Questo parametro dipende in particolare dall’inerzia termica o massa volumica del materiale, ma è influenzato anche dalla sua capacità di assorbire e trattenere il calore. Un materiale con alta capacità termica lo cederà agli ambienti con maggiore lentezza (in questo caso si parla anche di “smorzamento“). Tanto maggiore è lo sfasamento (e, in parte, lo smorzamento), quanto più tempo servirà al caldo per attraversare il materiale e passare all’interno dell’edificio. I materiali con maggiore massa volumica o inerzia termica sono migliori per assicurare una efficace protezione estiva. Incredibilmente, in un paese mediterraneo caratterizzato da estati calde come l’Italia, questi parametri fino a pochi anni fa non venivano presi in considerazione. I risultati pratici erano purtroppo abbastanza evidenti sul piano del comfort termico estivo, con la necessità di ricorrere spesso ad impianti di condizionamento per migliorare le condizioni abitative, non garantite dal solo edificio.
L’indicatore di sfasamento è stato introdotto solo una decina di anni fa, con il DM 26/06/2009 che lo definisce come “ritardo temporale tra flusso termico entrante nell’ambiente interno e massimo della temperatura dell’ambiente esterno“. Il decreto propone un valore minimo di 10 ore per raggiungere un sufficiente comfort termico estivo. Vanno inoltre considerati i cosiddetti carichi di calore interni che possono a loro volta innalzare la temperatura degli ambienti, dovuti all’utilizzo di elettrodomestici, alla presenza di persone o alla cottura dei cibi.
Un’elevata inerzia termica dell’involucro resta il principale fattore per il raggiungimento di un benessere abitativo ottimale durante l’estate. Essa dipende dallo spessore dei materiali, dalla capacità termica e dalla conduttività. Le principali componenti opache degli edifici che devono assolvere la funzione di fermare l’onda di calore estiva sono le pareti esterne e le coperture (tetti e terrazze piane). Finestre e vetrate restano l’anello debole in quanto si tratta di partizioni intrinsecamente leggere.
Per valutare l’effettivo contributo allo sfasamento termico da parte dei principali isolanti impiegati in edilizia, facciamo riferimento ad un pannello di 10 cm di spessore:
- Gli isolanti leggeri di sintesi come EPS e XPS si limitano ad un valore di sfasamento di circa mezz’ora.
- La lana di roccia di densità media (130-150 kg/mc) garantisce uno sfasamento termico di 1-2 ore al massimo, in quanto possiede una bassa capacità termica.
- Un pannello in sughero con densità 120 kg/mc può raggiungere le 2-3 ore.
- La fibra di legno ad alta densità arriva tranquillamente a valori di 4-5 ore di sfasamento, grazie all’elevata capacità termica tipica di questo materiale.
E’ dunque evidente l’importanza di studiare a fondo il “pacchetto” di isolamento esterno, che dovrà rappresentare un punto di incontro tra l’esigenza di proteggere dal freddo invernale (privilegiando bassi valori di trasmittanza) e dal calore estivo (con elevati valori di sfasamento termico). Il contributo energetico della struttura portante è comunque significativo.
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